Le imprese del settore vitivinicolo cercano nuovi strumenti, di carattere regolamentare e tecnico, utili per posizionare, valorizzare, nonché differenziare il proprio prodotto sul mercato. Così come un’altra e probabilmente ancor più sentita necessità per le imprese è quella di poter fornire maggiori garanzie a clienti commerciali e consumatori finali rispetto alla conformità dei requisiti igienico-sanitari, territoriali, nutrizionali, ambientali, sociali e più in generale dei requisiti qualitativi.
Uno degli obiettivi delle imprese è anche quello di poter perseguire e mantenere una riconosciuta reputazione, attraverso l’adesione a schemi di certificazione e standard di sostenibilità da implementare a livello di sistema, di processo, di prodotto. Uno dei motivi che sta alla base di tali scelte, a rafforzamento della reputazione, è anche mantenere un’efficace e positiva relazione con l’universo degli stakeholder. Ciò perché fare impresa, per lo più se si opera nel settore agroalimentare, significa porre attenzione ai produttori, ai consumatori, ai clienti, alle nuove esigenze di mercato, alle istituzioni con l’obbiettivo di traguardare nuovi obiettivi, specie quelli che chiedono maggiore rigore nella gestione complessiva della filiera e l’applicazione, solo per fare un esempio, di nuove restrizioni nella difesa delle colture.
Evolvono nel tempo le certificazioni del settore agroalimentare riconosciute a livello internazionale: UNI EN ISO 14046:2016, UNI EN ISO 14064-1:2019, UNI EN ISO 14067:2018, UNI EN ISO 14040, ISO 14044, UNI EN ISO 22005:2008, biologico, SA 8000:2014, BRC ETRS, IFS, AMFORI BSCI, UNI EN ISO 14021:2016, IFS, Smeta. La qualità e la garanzia di conformità rispetto a degli standard di riferimento sono senza dubbio un key-factor strategico necessario per conquistare fiducia dei clienti e competitività.
Al contempo il comparto vitivinicolo italiano, uno dei principali settori economici che sostiene il prodotto interno lordo, è coinvolto nelle molteplici transizioni e, in taluni casi delle vere e proprie crisi, in ambito energetico, economico, sociale e non ultimo ambientale. Il Ministero dell’Agricoltura (MIPAAF) è all’opera da tempo per mettere a frutto l’esperienza degli schemi di certificazione legati alla sostenibilità vitivinicola sviluppati in Italia e avere un unico strumento di certificazione per comunicare efficacemente il valore. Non di meno il settore vitivinicolo chiede, in generale, che l’eccellenza del vino italiano venga riconosciuta oltre per l’ottima qualità, anche per la sostenibilità che è in grado di mettere in pratica nella coltivazione nei vitigni, nella gestione dei processi, nei prodotti, nelle filiere nel suo complesso.
Il quadro prefigurato oggi per gli addetti ai lavori del settore è conosciuto, armonizzare le certificazioni SQNPI, VIVA e EQUALITAS e definire uno Standard Unico Nazionale del settore vitivinicolo che vede un suo primo risultato concreto con il Disciplinare del sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola emanato con Decreto Legislativo il 16 marzo 2022. I tre schemi hanno approcci differenziati, ma integrabili; diversi sono anche i soggetti che ne hanno promosso l’implementazione: la certificazione SQNPI e il progetto VIVA nascono nel 2011 rispettivamente dal Ministero dell’Agricoltura e da quello dell’Ambiente e lo standard Equalitas, nasce nel 2015 con l’obiettivo di promuovere la sostenibilità delle filiere agroalimentari e del vino in primis, attraverso una visione ed un approccio che unisce istanze delle imprese, della società e del mercato. Tutte e tre le certificazioni hanno peculiarità e strumenti atti ad avviare percorsi graduali, inclusivi, misurabili della sostenibilità vitivinicola italiana.
Questa discreta offerta di strumenti che certificano la qualità delle produzioni dal lato dei viticoltori e delle Cantine, a maggiore garanzia per clienti mercati, dovrebbe essere fortemente legata ad una visione di futuro considerando il valore aggiunto generabile attraverso gli standard di sostenibilità italiani oggi e lo Standard Unico di sostenibilità per la filiera vitivinicola domani. Il rischio, dal lato produttore, è quello di porre più attenzione al maggiore impegno richiesto dagli adempimenti procedurali e burocratici del sistema piuttosto che all’effetto che il miglioramento degli impatti può innescare nella creazione valore durevole nel tempo. Il compito dell’ente pubblico, che non può mancare, è quello di fornire uno strumento efficace, valido e in grado di promuove il vino italiano nel mondo.
Ci vorrà tempo, c’è molto da integrare, armonizzare, condividere tra schemi ed anche il settore ha la necessità di accrescere le competenze degli agricoltori, dei produttori e dare modo di introiettare nuova consapevolezza: la sostenibilità non è solo impegno e rischio reddituale a fronte dell’introduzione di pratiche agronomiche più sostenibili e di maggior autocontrollo, ma è la via per contribuire allo sviluppo sostenibile e a maggior integrazione di società, ambiente per un economia durevole nel tempo.
Altra certezza è che, nel panorama europeo ed internazionale, il vino italiano può esprimere un nuovo primato, quello di saper dialogare con l’Europa per l’applicazione delle nuove Direttive e della Pac, prima fra tutte la Farm to Fork, che pone obiettivi importanti ma che devono essere assimilati per essere applicati e diffusi soprattutto tra gli agricoltori che quotidianamente hanno a che fare con la terra, i frutti che genera, i rischi climatici e non ultimi quelli economici.
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